Ciao, mi chiamo Mario. Mario Pulimanti. E abito a Ostia. Negli ultimi tempi fluttuo in un mare di dolori fantasma e sensazioni fasulle, create dal cervello per tormentarmi e confondermi. Sento il solletico di una mosca anche se non c’è nessuna mosca. Sono sempre più distratto. Non avverto nulla e mi rendo conto in ritardo al bar che una tazza di caffè bollente mi si è rovesciata addosso e mi sta ustionando. Sarà perché ho 52 anni? Eppure ero convinto che la mia sensibilità fosse di recente perfino aumentata. Non mi ritengo un uomo coraggioso, fisicamente e moralmente. Ma prima no, era diverso. Prima ero sempre pronto a tutto. Ora invece il mio coraggio viene meno. Al lavoro cerco sempre di spuntarla, di essere all’altezza. Ho fatto castelli in aria, ho fantasticato, ma i risultati non sono stati del tutto quelli desiderati. Nella mia incessante battaglia non ho raggiunto nemmeno una delle importanti vittorie di cui sognavo. Buoni risultati sì, ma, alla fin dei conti, sempre piccoli successi. Sono convinto che per me è arrivato il momento della fine dei sogni. Dei veri sogni. Ho cercato invano un posto migliore. Dov’è quel posto? Nella Terra-che-non-c’è? A Oz? Temo che arrivino i pensieri più oscuri, che mi potrebbero sommergere come una marea crescente. In ogni modo potrei, una volta per tutte, anche lasciar stare, non essendo stato in grado di raggiungere l’obiettivo principale. Di fatto il risultato conseguito è diverso, molto diverso da quello sperato. Ho paura che, se non ci saranno altri miglioramenti, potrei precipitare nell’apatia. Nell’indifferenza. Di sicuro non tratterrò il fiato nell’attesa di progressi più vantaggiosi. E’ giusto così! A questo punto mi chiedo quando tornerò a casa? Lì, la mia tana trabocca di libri di letteratura e di filosofia, di dischi jazz e di film di Woody Allen. A casa c’è mia moglie. Mi piace il calore della sua vicinanza, il dolce profumo di fiori del suo sapone, il solletico dei suoi capelli sulla mia guancia quando mi si avvicina. A casa ci sono i miei due figli. Ragazzi abituati a cavarsela nello studio e nello sport. Riflessi pronti. Allora, Mario, muoviti! Mentre cammino, ascolto Bob Dylan con il mio MD tascabile pensando a quando ero giovane. Che bei tempi! Mi è sempre piaciuto Paperino. L’ho sempre amato, e forse per questo sono simile a lui. Mentre non assomiglio per niente a Gastone, probabilmente perché l’ho sempre trovato insopportabile. Mi irrita, infatti, vederlo con una nuova macchina fiammante vinta alla lotteria, andare via con Paperina lasciando Paperino a dare testate sui muri. Infatti Gastone è sempre fortunato. Esce con Paperina sotto gli occhi di Paperino ed ogni volta riesce ad ottenere quello che vuole. Zio Paperone non è mai in grado di tiranneggiarlo. Oltretutto è prepotente, arrogante e non è mai generoso. Infatti Gastone, vestito con la sua elegante giacca verde con fiore all'occhiello, cappello rosso in testa e riccioli biondi sempre in ordine, non ha mai bisogno di lavorare, tanto è la fortuna a pensare a lui. E' anche vero, però, che anche Paperino ha un pò di fortuna: non è solo! Gastone invece è sempre solo. Niente male. Questa volta ho fatto centro. Ma adesso basta. E’ ora di andare a letto. Effettivamente, penso, certe volte bisogna concedersi qualche indulgenza.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)
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